L'amore ond'Ardor

Il balen del suo sorriso    
d'una stella vince il raggio!...
il fulgor del suo bel viso
novo infonde in me coraggio!...
Ah! l'amor, l'amore ond'ardo
le favelli in mio favor!...
Sperda il sole d'un suo sguardo
la tempesta del mio cor.
(Il Trovatore, atto II, scena III)


Il fatto che nelle faccende di cuore la razionalità non trovi spazio è un luogo comune fin troppo consolidato. Sono ormai lontani i tempi delle pacate transazioni che sovrintendevano ai matrimoni nella Venezia goldoniana, e in generale il matrimonio d'interesse vede le sue quotazioni sociali e morali in deciso ribasso.
Ma anche in faccende meno totalizzanti, anche in contesti (almeno apparentemente) più asettici mi trovo spesso a constatare quanto le intermittenze della ragione siano più frequenti di quanto potrei aspettarmi, più numerose di quanto mi faccia piacere ammettere.


Hannah (Mia Farrow) e la sorella Holly (Dianne Wiest)
In Hannah e le sue sorelle (per inciso: uno dei film più geniali cui siamo debitori a Woody Allen) si racconta - fra le altre - la storia dell'ipocondriaco Mickey che passa una buona metà del film a soffrire per l'abbandono subito da parte di Hannah, salvo poi verso la fine innamorarsi perdutamente e sposare la sorella Holly.
Hannah e Holly sono due tipi femminili diversissimi nel fisico e nel carattere e non sembrerebbe apparentemente possibile che lo stesso uomo possa subire il fascino di due donne tanto dissimili. E lo stesso Mickey non può concludere altro se non osservare che evidentemente "il cuore è un muscoletto molto elastico".



Una Dunhill Cumberland 4111 (da smokingpipes.com)
Da un po' di tempo ero alla ricerca di una Dunhill 4111 (per i meno addentro all'araldica della Real Casa del Puntino Bianco: una lovat di dimensioni medie) in finitura sabbiata, Shell o ancora meglio Cumberland, come quella che vedete riprodotta qui a fianco.
Era - come ognuno vede - una faccenda razionale, anzi razionale al cubo: mettersi in traccia di una pipa dai contorni ben delineati in termini di marca, modello e finissaggio; farlo seguendo un'idea precisa di arricchimento del proprio parco pipe; e in ultimo mettersi in traccia di una  pipa che è uno degli emblemi stessi del design classico, una pipa dalle proporzioni assolutamente cartesiane, una pipa logica e inevitabile come un teorema. 

Ma evidentemente "il destino" - usando uno splendido modo di dire polacco - "aveva scritto per me un'altra sceneggiatura". Fra i vari siti che tenevo d'occhio con una certa regolarità per verificare se vi apparisse la pipa che stavo cercando (o una sua accettabile variante) c'era anche il sito della Tabaccheria del Corso di Rimini. Nel qual sito - ahimè - non compaiono solo Dunhill ma anche pipe di "altre primarie Case", come si sarebbe detto un tempo: ad esempio le pipe di casa Ardor.

Cominciai a guardare e riguardare queste pipe. E già questo era abbastanza curioso, data la particolare estetica dei prodotti della fabbrica gaviratese. Ma quello che fu ancora più curioso era che fra quelle che mi capitava più spesso di riguardare ce n'era una che si poneva per tanti versi agli antipodi della 4111 dei miei (presunti) desideri. Questa:

Ardor Urano Chubby Billiard sabbiata

Una pipa tanto tozza quanto la 4111 è slanciata, con una sabbiatura tanto ostentata quanto quella tipica Dunhill è discreta anche quando è profonda, colorata in maniera tanto appariscente quanto sommesse sono le variazioni tono su tono della finitura Cumberland.

Eppure.

Continuavo a guardare le foto di questa pipa e a ripetermi che era solo un passatempo in attesa dell'epifania della 4111 dei miei sogni. Ma più il tempo passava e più, come in un cambio scena a dissolvenza incrociata, la lovat dunhilliana perdeva consistenza a favore della billiardona Ardor. A un certo punto capii che non era più il caso di prendersi in giro: quella pipa io la volevo. Fortemente. E pazienza se la 4111 avrebbe dovuto aspettare tempi migliori.

Un paio di giorni dopo (lo scorso 30 settembre) avevo in mano la mia prima Ardor. Come sempre ho passato qualche giorno a girarmela fra le mani, a riguardarla da altre angolazioni, a tenerla in bocca spenta, finanche ad annusarla: con le mie pipe mi piace "stabilire un contatto" che vada al di là del puro carica-accendi-fuma, e questa pipa sembrava stimolare particolarmente questo tipo di approccio. 
Ma poi ovviamente è arrivato il momento del fuoco: per la circostanza ho scelto del Capstan blu messo in cambusa quattro o cinque anni prima. Oltre ad essere un tabacco che fumo volentierissimo in generale, trovo il Capstan particolarmente adatto per i rodaggi per la sua facilità di gestione e per il fatto che - conoscendolo ormai bene - mi dà modo di leggere al meglio la radica. 
E quello che ho letto è stata un'autentica poesia: di tutte le pipe nuove che mi sono passate per le mani, questa Ardor ha di gran lunga il sapore migliore. Nessuna nota aspra, nessun sapore di legno, solo una dolcezza un po' scura che si sposa a meraviglia con le note di fichi e di porto sprigionate dal mio Capstan d'annata.

Un'altra nota di merito mi sento di spenderla per la realizzazione del bocchino, che rende la pipa (corta sì ma non cortissima e neanche un peso piuma: 122 mm per 51 g) estremamente comoda da tenere in bocca. 

Qualcuno ha detto sabbiatura craggy?
Nei forum di appassionati non è raro leggere l'epiteto di macchina da fumo rivolto alle pipe di cui si vogliono magnificare le doti; pur avendo usato io stesso questa locuzione più di una volta, sono arrivato alla conclusione che nel caso di specie si tratta di un'espressione che non rende adeguatamente il concetto. Non lo rende perchè il termine macchina evoca uno spettro semantico che ha a che fare con l'asetticità e la freddezza, e questa pipa non è né fredda né asettica. 
Fra le pipe che ho avuto è una di quelle che più mi sta regalando emozioni, con le quali si sta instaurando il maggiore feeling. E' una pipa che per certi versi mi ricorda gli ampli valvolari davvero buoni, quelli in grado di aggiungere alla riproduzione una nota setosa che non si riesce ad imitare con altri mezzi. 

La scatola di Capstan diventa sempre più leggera man mano che il suo contenuto viene distillato all'interno di questa Ardor. Evidentemente l'espressione che il godimento di questa combinazione magica - godimento al tempo stesso partecipe e rilassato - mi dipinge sulla faccia dev'essere particolarmente buffa, visto che in più di una circostanza a Justyna guardandomi è balenato un sorriso. Il balen del suo sorriso, appunto.


Commenti

Posta un commento

Post più popolari