"Asciutto, visionario e misterioso" - Beatrice Rana suona Chopin

Mi piacerebbe molto potermi intestare  la paternità della terna di aggettivi che trovate nel titolo di questo post; in realtà la loro autrice è la stessa Beatrice Rana, che così definisce Chopin nel libretto che accompagna il suo CD appena uscito e che presenta la sua interpretazione dei dodici Studi op. 25 e dei quattro Scherzi del compositore polacco.
Diciamocelo francamente: è un'aggettivazione che fa un po' a pugni con l'immagine convenzionale della musica di Chopin, ma che sintetizza in maniera assolutamente pregnante la visione che la pianista ha maturato di queste pagine e che realizza nelle esecuzioni che ci offre. 

Asciutto: questo Chopin può essere assunto anche in dosi massicce senza bisogno di avere una fiala di insulina a portata di mano. Il sentimento e la passione che promanano da questa musica vengono non sovrapposti ma dedotti da un'analisi del segno musicale condotta da una mente di straordinaria lucidità e tradotti in suoni grazie a una tecnica apparentemente priva di limitazioni, capace di evidenziare istante per istante quello che Leopold Mozart chiamava il filo senza smarrirlo nel turbinio di note affastellate nei pentagrammi. 
È uno Chopin che arriva al cuore, in qualche caso prende alla gola, ma senza bisogno di passare per lo stomaco: ascoltate ad esempio l'effetto devastante con cui nel primo Scherzo il clima di serenità oltremondana del corale centrale viene interrotto dalla ripresa degli accordi iniziali, che qui suonano come degli autentici colpi di maglio. È un'opzione estetica che ricorda molto da vicino il Bergman di Sussurri e grida

Bisogna seguire con attenzione questo viaggio musicale per coglierne gli aspetti di straordinaria visionarietà: valga per tutti il caso dei dodici Studi che Beatrice Rana presenta come una sorta di polittico, quasi da ciclo di Lieder, nel quale si passa dalla melodicità di sapore quasi schubertiano del n. 1, al retrogusto bachiano del n. 4, alla declamazione dell'arioso del n. 7, all'irresistibile swing del n. 9 per arrivare infine al cuore oscuro degli ultimi tre studi in cui l'assoluto nitore della resa rende quasi intollerabile il carico di struggimento di cui sono intrisi. 

E arriviamo così al mistero: e per me il vero mistero che la pianista ci (rap)presenta è quello del contrasto fra la luce di abbagliante nitidezza nella quale queste letture sono immerse e la sensazione, strisciante ma inequivocabile, di un quid aliud che rimane inespresso, forse inesprimibile. Da un punto di vista di scandaglio formale - citando Wittgenstein - l'enigma non v'è: eppure alla fine del viaggio non tutto è stato detto, e forse (pur sapendo che anche questa è un'illusione) bisognerà rimettersi in cammino sperando di cogliere un frammento, un bagliore di verità in più.

Quello di Beatrice Rana è uno Chopin intensamente personale, e del resto nel libretto ella ci dichiara esplicitamente di aver voluto offrire una rappresentazione del suo Chopin; ma la pianista non varca neanche per un istante la linea sottile che separa l'interpretazione dall'arbitrio. È uno Chopin forse lontano da certe visioni consolidate, e ciò rende questo CD particolarmente benemerito soprattutto in un momento in cui siamo inondati da esecuzioni che oscillano tra il famolo strano a tutti i costi e l'assoluta, disperante irrilevanza. 

È uno Chopin sottilmente perturbatore, come forse sempre dovrebbe essere e ahimè molto raramente capita di ascoltare, uno Chopin che non ci offre la facile via di fuga di una dolciastra consolazione ma al contrario ci interroga, ci scruta, ci scuote. 

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