Sławomir Mrożek, 1930-2013

"Sto soffrendo! Lo capisci?!" (disegno di S. Mrożek)
A volte le combinazioni della vita sono davvero curiose. Un paio di settimane fa ero in Polonia e avevo appena cominciato a leggere il secondo volume dei Diari di Sławomir Mrożek quando appresi che lo scrittore era appena morto a Nizza, città nella quale risiedeva dal 2008.
Disegnatore, scrittore, drammaturgo, Sławomir Mrożek è stato una delle figure intellettuali più interessanti del recente panorama culturale polacco.
Il mio incontro con Mrożek risale a una quindicina d'anni fa, quando comprai su una bancarella di libri usati una delle sue più celebri raccolte di racconti, "L'elefante": non sapevo nulla di lui, ma interessandomi  - al solito in maniera dilettantesca e disordinata - di tutto ciò che fosse polacco, pensai che un nome e un cognome così fossero una garanzia sufficiente.

Mi bastarono poche pagine per capire che quello che avevo per le mani era il libro di un fuoriclasse. Una fantasia scatenata e un'intelligenza acuminata come un fascio laser  facevano di ognuno di quei brevi raccontini una specie di benefica pilloletta per la mente.
Sono racconti nei quali spesso si parte da presupposti verosimili, da situazioni apparentemente pacifiche e si arriva - a fil di logica - verso conclusioni grottesche ed assurde.

Come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, storia di un direttore di zoo carrierista che per ingraziarsi gli alti papaveri del partito decide di rinunciare ai fondi già stanziati per l'acquisto di un elefante e sostituirlo con uno di gomma. La brillante idea viene però compromessa dagli inservienti dello zoo che - stufi di pompare aria con una pompa a mano nell'enorme carcassa - decidono di pompare elio da una bombola che trovano nel magazzino: col risultato che mentre un'insegnante intrattiene la classe davanti alla gabbia del presunto elefante descrivendone la grandezza e il peso, questo si stacca da terra e comincia a volteggiare in aria spinto dal vento. Meravigliosa la chiusa del racconto, che qua riporto nella mia insufficiente traduzione:


"L'elefante fu ritrovato nel vicino giardino botanico, dove cadendo aveva urtato un cactus ed era scoppiato. 
Gli studenti che erano allo zoo abbandonarono la scuola e si diedero al teppismo. Probabilmente bevono vodka e rompono vetri. Non credono nel modo più assoluto agli elefanti".

"Un'infanzia difficile, la guerra, l'occupazione sovietica e adesso tu?"
O l'impagabile "La cooperativa mezzo litro" in cui si immagina un'ipotetica istituzione che fornisce volontari disposti a fare compagnia a chi vuol bersi una bottiglia di vodka ma non vuol farlo da solo, facendo così incontrare domanda e offerta.

E' tutta una girandola di personaggi improbabili, di atmosfere sghembe, di vicende surreali che a cerchi concentrici mettono alla berlina i paradossi della società della Polonia comunista, della mentalità dell'homo polonicus, della condizione di vita dell'homo sapiens in generale.

Quello che avrei imparato ad apprezzare solo molto dopo questo primo impatto con Mrożek è l'uso magistrale della lingua: una capacità prodigiosa di cambiare registro, stile, impronta sulla base di quello che la situazione richiede.

Ma oltre che come narratore Mrożek è stato attivo anche come drammaturgo, e i suoi drammi "Tango" e "Gli emigranti" sono tra gli esiti più alti del teatro polacco del XX secolo, degni di stare al fianco dei grandi capolavori di Pirandello, di Beckett, di Ionesco, di Harold Pinter. Sono lavori in cui è possibile rilevare la stessa capacità di cogliere assurdi e paradossi di anelli via via più vasti di realtà che si riscontra nelle novelle, e che costituisce alla fine l'eredità più grande e la ragione del senso di perenne freschezza e attualità che promana da buona parte dell'opera di Mrożek.

Chiudo questo piccolo ricordo di un grande scrittore con una piccola annotazione a margine: Mrożek era un appassionato fumatore di pipa, e nei suoi diari più volte si parla del conforto e della gioia che traeva dalle sue pipate. In una lettera ad un suo amico una volta scrisse: "Ho sempre desiderato di morire in maniera tale da avere il tempo di cancellare tutte le mie tracce. Addirittura bruciare le mie pipe".
Ecco, come ho già scritto altrove  tra il fumatore e le sue pipe si instaura un legame tutto particolare: e che un uomo della fantasia di Mrożek abbia evocato proprio l'immagine delle pipe che bruciano per rappresentare il grado estremo della scomparsa è una cosa che mi colpisce e mi commuove.

Niech ziemia Panu lekką będzie, Panie Mrożku.


Sławomir Mrożek, 1930-2013

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