1983

Nel 1983 avevo sedici anni.
Frequentavo la prima liceo classico nella mia cittadina del Sud, i cui confini all'epoca coincidevano più o meno con quelli del mio mondo.
Non so se da allora i programmi ministeriali siano cambiati, ma ai tempi la prima liceo era la classe in cui si scalavano alcune delle più alte vette della civiltà greca antica: si leggevano Archiloco, Saffo e Alceo; si studiava il pensiero di Platone e Aristotele; si veniva introdotti alla nuda semplicità della colonna dorica e alla perfezione di proporzioni delle statue di Fidia.

Nel 1983 rischiai quasi la sindrome di Stendhal durante la gita scolastica in Toscana: l'arte del Rinascimento è forse quella che da sempre ho sentito più spiritualmente affine, e il poter vivere dall'interno le architetture di Brunelleschi o il poter guardare da vicino le pitture di Masaccio mi procurò un'emozione che ancora vive dentro di me, e che si rinnova tutte le volte (poche, ahimè) che ho la fortuna di calpestare quella terra che è davvero il cuore di tutto ciò che chiamiamo civiltà italiana.

Ricordo che, oltre alle impressioni e alle sensazioni, riportai indietro da quella gita due audiocassette: una con la sinfonia n. 5 di Beethoven con Karajan e i Berliner (doveva essere il ciclo degli anni '60, forse il migliore di HvK) e l'altra con l'ultimo (in tutti i sensi) album dei Pink Floyd, The Final Cut.

Nel 1983 oltre all'arte greca e alla civiltà rinascimentale venivo scoprendo la complessità del mondo reale: la difficoltà di bucare almeno in parte quella che allora percepivo come un'insopportabile rete di controllo stesa dagli adulti, e al tempo stesso la paura che ti coglieva quando ogni tanto qualche buco riuscivi a farlo; le prime persone da cui si veniva delusi, o respinti, o traditi; le prime cottarelle adolescenziali per ragazze che inevitabilmente preferivano altri: e soprattutto preferivano diciottenni o diciannovenni, da cui ti sentivi separato da un gap di possibilità ed esperienza di vita che appariva incolmabile.

Nel 1983 da un'altra parte del mondo, nella Carolina del Nord, si raccoglieva tabacco. Quell'annata fu davvero eccezionale, e produsse dei Virginia rossi tra i migliori mai visti. Un previdente tobacconist di Charlotte, NC ne fece incetta e dopo una lunga maturazione li inscatolò, realizzando un tabacco da pipa destinato a diventare di culto tra i fumatori.

Ovviamente di questa cosa a sedici anni io non sapevo nulla, e in verità all'epoca non sapevo nulla del fumo di pipa in generale. Ma a distanza di trent'anni, grazie alla generosità di un amico, sono entrato in possesso di cinquanta grammi di questo tabacco.

Lo fumerò sperando che funzioni da macchina del tempo. Mi piacerebbe reincontrare il sedicenne che ero allora, raccontargli il come e il perchè di tante cose che sono successe nel frattempo; mi piacerebbe poterlo salutare al termine della carica di tabacco lasciandolo se non del tutto soddisfatto (si sa che a quell'età si tende ad assolutizzare e si ha in odio il compromesso) almeno non troppo deluso.

Pronti al decollo: McCranie's Red Flake e Radice "Aerobilliard" in finitura Rind


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