Off the beaten path
Ovvero in questo post si parla di pipe, ma solo come pretesto.
Antefatto: ieri (20 febbraio) è stata la Giornata Internazionale del Fumo di Pipa e per una serie fortunata di circostanze ho avuto il piacere abbastanza inconsueto di un giro in centro a Milano con Justyna in un giorno feriale.
"Un giro in centro a Milano" per quanto mi riguarda prevede ovviamente una tappa d'obbligo in contemplazione davanti alla vetrina di Noli in Galleria Vittorio Emanuele. Il discorso è, del tutto casualmente, caduto sulla offerta di rodato Dunhill a prezzi vantaggiosissimi che il benemerito tabaccaio ha lanciato da qualche giorno e la ragazza (che è sveglia) ha immediatamente capito l'antifona: come sempre in questi casi, mi sono finanche rifiutato di entrare lasciando intera sulle sue spalle la responsabilità della scelta.
Sul treno di ritorno la frenesia non mi ha consentito di attendere oltre, e scartato il pacchetto ho cominciato a estrarre la pipa dal suo sacchettino. Mi si è parato dinanzi l'inconfondibile profilo rastremato di una Dublin, e ammetto che - villanamente - non sono riuscito a trattenere un'espressione di disappunto.
Si sa: le Dublin sono complicate da caricare, difficili da fumare, scaldano, si tappano con facilità e chi più ne ha più ne metta. Insomma: fossi stato anch'io in negozio, quella pipa l'avrei scartata al primo sguardo.
Uno dei guai (uno dei sintomi) dell'invecchiare è la progressiva chiusura verso ciò che esce dalla routine consolidata, la progressiva insofferenza per quel pizzico di imprevisto e di caos che ogni tanto fa irruzione nella propria esistenza. Robert M. Pirsig avrebbe detto: la qualità statica che tende a soffocare la qualità dinamica.
Ed è davvero un guaio, perchè in questo modo si rischia di farsi passare davanti senza coglierle alcune occasioni solo perchè non rientrano nei propri (legittimi ma in ogni caso arbitrari) schemi di pensiero.
Così, se nel negozio di Noli mi fossi trovato io invece che Justyna (e non è un caso che i polacchi definiscano le loro mogli lepsza połowa, la metà migliore) avrei scartato quella che, rivista con maggiore calma a a casa, è probabilmente una delle pipe più commoventemente belle che mi siano mai capitare per le mani.
Una long-tapered Dublin (numero di shape 137) che sulla base delle punzonature dovrebbe risalire al 1951 o 1952, ma con un design che ha un tocco quasi Art-Déco; sabbiata con una sabbiatura profonda che evidenzia su di un lato una trama ad anelli di ipnotica regolarità.
E come tocco finale: a patto di caricare con un briciolo di attenzione in più e un briciolo di pressione in meno non scalda, non si tappa, non fa acqua, non si spegne. E restituisce in maniera impeccabile il sapore della miscela 50/50 Trinciato Italia e McClelland Turkish Ribbon (aka Er Cairo de noantri) con cui l'ho fumata (due volte consecutive, a distanza di 10' l'una dall'altra).
E mentre la fumavo, questa pipa ultrasessantenne mi offriva almeno due lezioni: la prima, privata, è quella di ricordarmi di fidarmi sempre dell'istintivo senso del bello di mia moglie; la seconda, quella che mi piacerebbe tornasse utile al benevolo lettore di questi miei sproloqui, è che almeno di tanto in tanto le passeggiate al di fuori dai sentieri battuti possono portare a contemplare panorami a cui neanche si pensava uscendo di casa.
Antefatto: ieri (20 febbraio) è stata la Giornata Internazionale del Fumo di Pipa e per una serie fortunata di circostanze ho avuto il piacere abbastanza inconsueto di un giro in centro a Milano con Justyna in un giorno feriale.
"Un giro in centro a Milano" per quanto mi riguarda prevede ovviamente una tappa d'obbligo in contemplazione davanti alla vetrina di Noli in Galleria Vittorio Emanuele. Il discorso è, del tutto casualmente, caduto sulla offerta di rodato Dunhill a prezzi vantaggiosissimi che il benemerito tabaccaio ha lanciato da qualche giorno e la ragazza (che è sveglia) ha immediatamente capito l'antifona: come sempre in questi casi, mi sono finanche rifiutato di entrare lasciando intera sulle sue spalle la responsabilità della scelta.
Sul treno di ritorno la frenesia non mi ha consentito di attendere oltre, e scartato il pacchetto ho cominciato a estrarre la pipa dal suo sacchettino. Mi si è parato dinanzi l'inconfondibile profilo rastremato di una Dublin, e ammetto che - villanamente - non sono riuscito a trattenere un'espressione di disappunto.
Si sa: le Dublin sono complicate da caricare, difficili da fumare, scaldano, si tappano con facilità e chi più ne ha più ne metta. Insomma: fossi stato anch'io in negozio, quella pipa l'avrei scartata al primo sguardo.
Uno dei guai (uno dei sintomi) dell'invecchiare è la progressiva chiusura verso ciò che esce dalla routine consolidata, la progressiva insofferenza per quel pizzico di imprevisto e di caos che ogni tanto fa irruzione nella propria esistenza. Robert M. Pirsig avrebbe detto: la qualità statica che tende a soffocare la qualità dinamica.
Ed è davvero un guaio, perchè in questo modo si rischia di farsi passare davanti senza coglierle alcune occasioni solo perchè non rientrano nei propri (legittimi ma in ogni caso arbitrari) schemi di pensiero.
Così, se nel negozio di Noli mi fossi trovato io invece che Justyna (e non è un caso che i polacchi definiscano le loro mogli lepsza połowa, la metà migliore) avrei scartato quella che, rivista con maggiore calma a a casa, è probabilmente una delle pipe più commoventemente belle che mi siano mai capitare per le mani.
Dunhill "Patent", probabilmente 1951 o 1952 |
Una long-tapered Dublin (numero di shape 137) che sulla base delle punzonature dovrebbe risalire al 1951 o 1952, ma con un design che ha un tocco quasi Art-Déco; sabbiata con una sabbiatura profonda che evidenzia su di un lato una trama ad anelli di ipnotica regolarità.
E come tocco finale: a patto di caricare con un briciolo di attenzione in più e un briciolo di pressione in meno non scalda, non si tappa, non fa acqua, non si spegne. E restituisce in maniera impeccabile il sapore della miscela 50/50 Trinciato Italia e McClelland Turkish Ribbon (aka Er Cairo de noantri) con cui l'ho fumata (due volte consecutive, a distanza di 10' l'una dall'altra).
E mentre la fumavo, questa pipa ultrasessantenne mi offriva almeno due lezioni: la prima, privata, è quella di ricordarmi di fidarmi sempre dell'istintivo senso del bello di mia moglie; la seconda, quella che mi piacerebbe tornasse utile al benevolo lettore di questi miei sproloqui, è che almeno di tanto in tanto le passeggiate al di fuori dai sentieri battuti possono portare a contemplare panorami a cui neanche si pensava uscendo di casa.
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