Arape 'sta fenesta


"Arape 'sta fenesta
e fà trasì 'stu mese beneditto:
te ll'aggio sempe ditto 
ca quanno vene Giugno 
'o core mio s'allarga!
Famme sentì chest'aria 'mbarzamata
famme sentì 'o profumo 'e sti gghiurnate,
arape oj Rò, nun me fa  cchiù sperì!

Mò saglie d'ò ciardino
'n'addore 'e ggiusummine
e ddice a chistu core: 
nun siente ch'è tturnato, sta 'cca San Paulino,
sta 'cca 'nzieme cu 'tte!"

Mario Patanella, "Arape 'sta fenesta"
Giglio del Panettiere 1977


E' giugno.

Questa notte qualcuno a Nola avrà sparato qualche salva di fuochi d'artificio.
Qualcuno oggi incontrando amici e conoscenti farà loro gli auguri come se fosse Capodanno.
E in effetti a Nola è così: gli anni si computano non da un gennaio all'altro, ma da un giugno al seguente. Da una Festa alla successiva.
E anche chi è riuscito a mantenere un profilo di maggiore sobrietà, sentirà nell'aria qualcosa di diverso; sentirà il montare di un'attesa lieta e febbrile, sentirà un'intera città agitata da una frenesia sempre più difficile da controllare.

Fra qualche giorno dalle viuzze del centro storico sbucheranno delle lunghe carrette cariche di assi di legno, e negli slarghi deputati allo scopo l'aria risuonerà del rumore del legno inchiodato. 
Per prima sarà assemblata la borda, il lungo palo centrale alto venticinque metri intorno al quale viene costruita l'intera struttura lignea del Giglio; e quando la borda sarà sollevata e appoggiata ad uno dei palazzi circostanti l'avvenimento sarà festeggiato con lo spumante e i mortaretti.

Poi intorno alla borda sarà costruito l'intero Giglio; e poi, e poi, e poi.

Per chi come me vive lontano da Nola, l'inizio di giugno porta con sé sentimenti ambivalenti: da una parte lo spirito per antica, inveterata abitudine, si associa nella gioia a tutti i nolani; dall'altra il senso di lontananza e di distacco, la tristezza di un esilio non importa quanto volontario si fanno sentire in questi giorni più che mai.

Ma è una tristezza che per fortuna dura poco, soprattutto se - come me - si ha la fortuna di poter trascorrere a Nola almeno la settimana della Festa.  Ancora un paio di settimane e poi si potrà di nuovo passeggiare per il Corso, ci si potrà affacciare mmiezo 'a Chiazza scrutando alla ricerca di volti familiari, cercare un po' d'ombra nei vicoletti.

Sì, lo so.

La mia città, la mia terra è attanagliata da problemi drammatici. 
L'economia che non decolla, la criminalità, l'inerzia della politica, i veleni nel terreno.
E sì, lo so: non sarà l'ebbrezza della Festa, non sarà lo splendore della luce di giugno a sanare queste piaghe.

Ma io rivendico il diritto, conquistato ogni anno con cinquantuno settimane di assenza e di nostalgia, di mettere per la cinquantaduesima settimana tutte le sgradevolezze fra parentesi. 

Il diritto di illudermi, sapendo che di illusione si tratta, che la realtà che vedo coincida con quella del ricordo e del sogno. 

Il diritto di ogni emigrante di sentirsi, almeno per pochi giorni all'anno, pienamente e compiutamente a casa.



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