Carlo Azelio

Su tutte le piazze si vedevano teatrini di tela, affollati di ragazzi dalla mattina alla sera, e su tutti i muri delle case si leggevano scritte col carbone delle bellissime cose come queste: viva i balocci! (invece di balocchi): non vogliamo più schole (invece di non vogliamo più scuole): abbasso Larin Metica (invece di l’aritmetica) e altri fiori consimili.
C. Collodi, "Le avventure di Pinocchio"

Mia nonna (classe 1908) aveva frequentato - in parte negli anni della prima guerra mondiale - cinque classi di scuola elementare; poi era andata dalla signora maestra, ovvero la sarta del paese che insegnava a lei e alle sue compagnelle a cucire e ricamare, terminando con ciò il suo curriculum scolastico.  Coi figli, le nuore e i nipoti si esprimeva di preferenza nel saporito dialetto dell'ager nolanus, ma all'occorrenza era in grado di sfoderare un italiano perfetto, addirittura con qualche vezzo toscaneggiante (è stata la prima persona e l'unica a quelle latitudini a cui ho sentito dire dianzi), e sapeva scrivere - a mano e con una grafia di irraggiungibile eleganza - periodi pienamente articolati e dalla consecutio temporum impeccabile. 

Nel corso del centinaio d'anni trascorsi dall'epoca in cui mia nonna si istruiva, alcune delle abilità che la scuola le aveva trasmesso sono diventate merce rarissima non solo fra i bambini della scuola elementare ma anche fra coloro che hanno ricevuto (avrebbero dovuto ricevere) un'istruzione cosiddetta "superiore". Ricevere mail di lavoro zeppe di strafalcioni è - ahimè - esperienza comune, e ancora più preoccupante è dover constatare come spesso in uno scritto appena più che striminzito non si contino non dico gli errori di ortografia e di sintassi, ma di pura e semplice logica: conclusioni tratte non si sa da quali premesse, ipotesi mutuamente contraddittorie e via tristemente elencando. 

Come direbbe donn'Amalia Jovene, "ch'è succieso?" 

Niente di che: è semplicemente successo che non si compie per cinquant'anni di seguito un'opera di sistematico depotenziamento dell'istituzione scolastica senza che la cosa non abbia conseguenze: se si riduce la scuola a puro e semplice parcheggio con custodi sottopagati e demotivati, se in nome di una malintesa inclusività si evita accuratamente - dalle elementari all'università - di mettere i discenti di fronte a qualunque reale difficoltà, non ci si può poi meravigliare di aver prodotto generazioni di giovani adulti incapaci non soltanto di concepire ma anche di afferrare il senso di un ragionamento minimamente complesso.   

È per questo motivo che la caccia al colpevole del grottesco errore nella targa dedicata al Presidente Ciampi suona di un'ipocrisia insopportabile, tanto che io spero vivamente che l'impiegato che ha ricevuto la lettera di richiamo faccia ricorso e lo vinca; e mi dispiace di non essere un avvocato del lavoro per poter offrire all' imprudente, o per parlar con più giustizia, lo sfortunato - direbbe Manzoni - la mia assistenza gratuita. 

Siamo un popolo di ignoranti (mia nonna avrebbe detto di ciucci, in questo caso non toscaneggiava) e ciò che è peggio fieri della nostra ignoranza. Siamo tutti andati dietro all'omino di burro, abbiamo diguazzato nelle settimane fatte di sei giovedì e una domenica, e ora ci si sono allungate le orecchie e non riusciamo più a reggerci sulle gambe. Con che diritto ci dichiariamo infastiditi da un singolo raglio se nessuno di noi è più in grado di parlare con voce umana? 

Ma queste constatazioni non porteranno purtroppo da nessuna parte. Troppi e troppo grandi sono i centri di potere e di interesse per cui tenere le persone nello stato di minorità intellettuale volontaria di cui parlava Kant è un'opzione decisamente vantaggiosa. 
E noi continueremo a pascolare, felicemente ignari, nel nostro fantastico paese dei balocci
 

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