Piastrellisti e apicultori
"Ricominciamo, non ci arrendiamo."
Lars Gustafsson
Lars Gustafsson |
Più tardi la lettura di "Lanterna magica" (l'autobiografia bergmaniana, vera come un reportage d'assalto e profonda come un grande romanzo) mi fece intuire che oltre alla Svezia da guardare c'era, poteva esserci, anche una Svezia da leggere: e a quel punto l'incontro col catalogo Iperborea fu inevitabile.
I libri Iperborea sono riconoscibili al primo sguardo per essere molto più stretti del consueto (non più di una decina di cm): probabilmente la benemerita casa editrice respingerebbe sdegnata l'accostamento, ma io non posso fare a meno di pensare che sono libri che sembrano pensati per stare comodamente sui ripiani non particolarmente profondi della regina delle librerie Ikea, la Billy.
Ma oltre che per il formato particolare dei suoi libri Iperborea è un unicum nel panorama editoriale italiano per organicità della proposta culturale, cura delle traduzioni e ampiezza di catalogo.
Uno degli autori di punta della casa è senz'altro Lars Gustafsson. Svedese, classe 1936, Gustafsson si è occupato nel corso della sua esistenza di filosofia, matematica, poesia, teatro, letteratura in prosa. Un tipino dai vasti interessi, diciamo così.
Di Gustafsson nel corso del tempo ho letto praticamente tutto quanto Iperborea ha reso disponibile ai lettori italiani. Lo reputo un autore straordinario, lucido come pochi nel mettere in evidenza quello che Montale definiva il punto morto del mondo, l'anello che non tiene e allo stesso tempo capace di non farsi travolgere dalla negatività dell'esistenza. Tra le sue opere ce ne sono due che mi sono divenute particolarmente care, due libri che mi trovo con una certa frequenza a rileggere senza stancarmene mai: Il pomeriggio di un piastrellista e Morte di un apicultore.
Nel pomeriggio di un piastrellista seguiamo la vicenda surreale e picaresca di uno scorbutico artigiano di Uppsala che una mattina riceve una confusa telefonata dalla quale gli sembra di capire che gli viene affidato il lavoro di piastrellatura di una villa in corso di ristrutturazione. Il libro è la storia di come Torsten Bergman affronterà la commissione che ha accettato, della casa in cui capiterà e di come questa faccenda apparentemente insignificante si rivelerà invece in grado di mettere il protagonista - e noi con lui - in condizione di riesaminare tutta la sua esistenza e magari di trovarvi se non un vero e proprio senso almeno sufficienti motivi di accettazione del suo destino, delle sue scelte, dei suoi tanti errori.
La copertina di Morte di un apicultore |
Non fanno sconti, i libri di Gustafsson: sono spesso aspri, duri, beffardi. Non presentano eroi positivi in cui sia facile o almeno desiderabile identificarsi. Sono privi di happy end, almeno nell'accezione tradizionale del termine.
Eppure dietro questa superficie scabra, oltre la ribellione ed il sarcasmo, io ho trovato alcune tra le pagine col maggior potere di consolazione che abbia mai letto: esattamente come alcuni film di Bergman, che ti lasciano con un vago senso di felicità pur senza aver mai smesso di prenderti a cazzotti nello stomaco.
Non so perchè, ma ho il sospetto che in questo c'entri qualcosa il motto di Lars Lennart Westin che ho messo in epigrafe a questo post e che ricorre a mò di mantra nel corso del libro. E ovviamente c'entra molto anche il potere di catarsi, di purificazione, di snebbiamento che è proprio della grande arte, di tutta la grande arte. Come quella di Ingmar Bergman o di Lars Gustafsson.
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